Enzimi
Nozioni preliminari
Gli enzimi nel processo di produzione del vino sono una componente fondamentale, in primo luogo perchè direttamente prodotti dai lieviti o presenti nell’uva, in secondo luogo perchè possono essere aggiunti in varie fasi della vinificazione per ottenere vini con caratteristiche ben definite. Esistono tuttavia enzimi prodotti da muffe (laccasi) o naturalmente presenti nel mosto (tirosinasi e polifenolossidasi in genere) che devono essere bloccati se si vuole preservare l’aromaticità o il colore del vino ( tramite l’utilizzo di tannini o di metabisolfito). Bisogna sempre ricordare che gli enzimi sono delle proteine, e come tali sono suscettibili a denaturazioni date da temperature, pH e rezioni con polifenoli.
Caratteristiche
Esistono diverse tipologie di enzimi, e sempre nuovi vengono sviluppati ogni anno, qui di seguito una lista delle principali tipologie e relative funzioni:
- Pectolitici: vengono usati principalmente prima della fermentazione e possono essere impiegati per aumentare la resa del mosto nelle pressature, esaltare le macerazioni delle uve per estrarre aromi ( attività di b-glicosidasi per ottenere più terpeni e precursori tiolici), per facilitare sedimentazioni o flottazioni prima della fermentazione di vini bianchi; Nei vini rossi vengono utilizzati sulle bucce per avere una migliore dinamica di estrazione del colore o per la resa in torchiatura.
- Glucanasi: Utilizzati spesso su vino servono per aumentare l’estrazione di mannoproteine durante gli affinamenti sulle fecce di lievito o per favorire le filtrazioni; non sono indispensabili per la produzione di vino ma in alcuni casi molto utili.
- Lisozima: enzima specifico per evitare la fermentazione malolattica nei vini bianchi, da usare con attenzione perchè regolamentato ad un massimo di 50g/hl totale; personalmente lo considero l’ultima scelta per questo scopo.
Dosi d’impiego
Gli enzimi vanno utilizzati con parsimonia, pochi grammi o ml per quintale di uva o ettolitro di vino, e in generale non in contemporanea all’aggiunta di tannini o solforosa; un’accortezza è quella di non aggiungere enzimi dopo la stabilizzazione proteica per non rischiare di creare ulteriore instabilità, ad eccezione di quelli di filtrazione.